13 Novembre 2008
INEDITI
Pio XI: leggi
razziali vergogna italiana
Un Papa dal «temperamento volitivo e combattivo» e
pronto a vergare di suo pugno una lettera autografa al capo del Governo Benito
Mussolini per chiedergli personalmente di non porre impedimenti al matrimonio
tra cattolici per motivi razziali e a chiedere indirettamente modifiche alle
leggi sulla razza, promulgate il 17 novembre di settant'anni fa. È quanto emerge
da una ricerca condotta dal gesuita Giovanni Sale, redattore de La Civiltà
Cattolica e direttore dell'Istituto storico della Compagnia di Gesù, su una
documentazione inedita e presentata qui in anteprima, relativa alle note
dell'allora addetto alla segreteria di Stato, monsignor Domenico Tardini.
Documenti e testi ufficiosi della Santa Sede che fanno affiorare il vero stato
d'animo di Papa Achille Ratti verso il problema della razza e della questione
ebraica.
«La documentazione recentemente desecretata dell'Archivio
Segreto Vaticano ci ha permesso - spiega lo storico - di seguire momento per
momento, quasi si potrebbe dire giorno per giorno, il punto di vista vaticano
sulle vicende della promulgazione delle leggi sulla purezza della razza il 17
novembre 1938. A preoccupare il Papa e la Santa Sede era soprattutto il
controverso articolo 7 della legge, che proibiva i matrimoni tra cattolici per
motivi razziali. Un articolo che creava un vero vulnus nel Concordato del 1929.
Le fonti vaticane che stiamo studiando ci mostrano quanto questi provvedimenti
rattristassero il Papa e come lo tennero in penosa tensione sino alla fine dei
suoi giorni».
Emergono così i tentativi di Papa Ratti e in particolare
dei suoi fiduciari di quel tempo - monsignor Domenico Tardini e il gesuita
Pietro Tacchi Venturi - per trovare uno sbocco diplomatico all'incresciosa
situazione creatasi con il governo italiano.«Se Mussolini - si legge in una
confidenza di Pio XI a monsignor Tardini - non mostra buona volontà di trovare
una via d'uscita, sono disposto a scrivergli una lettera, semplicissima, per
dirgli che così facendo, lui spinge gli uomini al peccato e per ricordargli non
una parola umana, ma una parola divina: miseros facit populos peccatum»
(citazione dal libro dei Proverbi 14, 34: "Il peccato segna il declino dei
popoli", ndr). Precisa ancora padre Sale: «Va ricordato che questo modo di
procedere non era una prassi "protocollare" della Santa Sede, in quanto il Papa
indirizzava lettere autografe soltanto a sovrani o capi di Stato».
Ma non
si trattava solo della questione dei matrimoni misti. La preoccupazione di papa
Achille Ratti era più ampia e maturata già nei mesi precedenti alla
promulgazione della legge a causa della proibizione di pubblicare articoli
contro il razzismo, decisa dal ministero della Cultura Popolare: «Ma tutto
questo è enorme! - si legge ancora in una nota di Tardini del 23 ottobre 1938. -
Sono veramente amareggiato come Papa e come italiano». Una nuova documentazione
che, secondo padre Sale, non fa che confermare il vero stato d'animo
dell'anziano Papa riguardo ai provvedimenti in generale e la sua preoccupazione
di un'alleanza dell'Italia con la Germania di Hitler: «Nello stesso anno il Papa
si era "ritirato" a Castelgandolfo prima della visita di Stato di Hitler a Roma
dal 3 al 9 maggio - ricorda lo storico gesuita - e L'Osservatore Romano scrisse
che l'aria della Città Eterna "gli faceva male"... Ma non solo. >Nel
settembre 1938 Pio XI pronunciò in Vaticano il famoso e memorabile discorso in
cui affermò che "l'antisemitismo è inammissibile. Spiritualmente siamo tutti
semiti».Allora l'Osservatore Romano pubblicò il testo omettendo la parte
riguardante gli ebrei e altrettanto fece la Civiltà Cattolica. Ma sono tutti
sintomi dei veri sentimenti e delle preoccupazioni di Pio XI».
La ricerca
di padre Sale permette così di far emergere la fitta ragnatela diplomatica messa
in campo da Papa Ratti in questo frangente: comprese le richieste di colloqui
presentate «a viva voce» e poi in forma scritta fatti da padre Tacchi Venturi
per far conoscere il vero pensiero del Papa su questo tema al Duce e la laconica
risposta del segretario particolare di Mussolini: «Scriva pure quello che
avrebbe voluto dire a voce»; la preparazione e la consegna di lettere autografe
al re Vittorio Emanuele III, a Mussolini; non ultima la Nota diplomatica di
protesta all'ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede del 13 novembre 1938.
«Papa Ratti avrebbe voluto la pubblicazione integrale di quella Nota - rivela
oggi Sale -. Però la Curia per ragioni prudenziali e per non inasprire
ulteriormente il conflitto tra governo fascista e Santa Sede preferì la
pubblicazione di un testo meno compromettente».
Grazie alla nuova
documentazione vaticana, a differenza di quanto supposto da una certa
storiografia, affiora dunque prepotentemente un Papa non rassegnato all'adozione
anche in Italia di una legislazione razziale di stampo filo-tedesco. «Tutto
questo rapido succedersi di udienze, di conversazioni e di documenti - si legge
in un documento di monsignor Tardini - fu voluto e diretto personalmente dal
Santo Padre già tanto malato, con energia veramente giovanile». Dalle carte di
monsignor Domenico Tardini, il futuro cardinale segretario di Stato di Giovanni
XXIII, si evince anche la definitiva uscita di scena del gesuita Tacchi Venturi
- fin allora il vero trait d'union fra regime e Vaticano - e la posizione
parallela di compromesso della Curia, nel tentativo di una possibile intesa su
questa delicata materia con il governo fascista «evitando qualsiasi forma di
protesta da parte della Santa Sede»; una scelta sostenuta dal nunzio apostolico
in Italia, monsignor Borgongini Duca. «Quello che sorprende però che dalla
documentazione vaticana di questo periodo - conclude padre Sale - non si faccia
alcun riferimento all'enciclica che Papa Ratti aveva dato incarico di scrivere
al gesuita americano John La Farge, nella quale si dovevano condannare
apertamente il razzismo e tutte le teorie che inficiavano l'originaria
uguaglianza tra gli uomini. Quella contro la teoria del "razzismo esagerato"
perpetrata da Mussolini e di riflesso da Adolf Hitler fu comunque l'ultima
battaglia di Papa Pio XI, ormai gravemente ammalato e vicino alla morte,
avvenuta il 12 febbraio 1939».
Filippo Rizzi